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Il giorno di Santa Lucia meglio detto “L’arancina day”

Come ho scritto spesso, ogni momento della vita va festeggiato. Bisogna inventarsi sempre nuovi pretesti per imbandire una tavola a festa, gustare cibo genuino e trascorrere tempo di qualità con i propri cari, parenti o amici che siano!

E se questa regola vale per un qualunque weekend o giorno feriale, figuriamoci durante le feste…per un meridionale poi!

I Siciliani, come tutti sanno, hanno un legame quasi morboso con le proprie tradizioni, e che si tratti di festività cattoliche o laiche, questi momenti vanno ossequiati gustando cibo tipico, cucinato in casa, secondo le ricette delle nonne, alla ricerca, ancora oggi dei sapori del passato, con un tocco di rivisitazione, all’insegna dell’innovazione che non guasta mai!

Si narra che nell’anno 1646 grazie alle tante preghiere dei palermitani rivolte alla Santa contro la carestia del tempo, Lucia fece giungere al porto della città un bastimento carico di grano, che per l’occasione fu condito semplicemente con olio e sale e fu sufficiente a sfamare l’intera popolazione. La pietanza fu rinominata “cuccia” e divenne emblema della fine del disastroso periodo di carenza di cibo nonché simbolo del giorno di celebrazione della Santa, nell’osservanza del quale i credenti dovrebbero praticare digiuno, rinunciando a pane e pasta…

Solo in teoria però…nella versione palermitana che negli anni, grazie anche alla contaminazione con altre culture che ci hanno influenzato ed arricchito ( quella Araba in particolare) il 13 dicembre sì, si rinuncia a pane e pasta, ma non di certo in favore di un digiuno spirituale…

Il giorno di Santa Lucia è infatti la giornata di panelle crocchè arancine e cuccìa!

Sembra quasi una filastrocca e vi assicuro, si tratta di una vera poesia per il palato. Un momento di tradizione tutto meridionale che ogni anno personalmente festeggio con parenti e amici, che considero come la mia famiglia. Della lunga ed elaborata preparazione delle arancine si è sempre occupata mia madre che quest’anno però ha deciso di passare a me il “testimone” affinchè questa tradizione perduri nel tempo, come la più preziosa delle eredità ed il più luccicante dei tesori…

Il giorno di Santa Lucia è caduto di domenica quest’anno e noi abbiamo iniziato a rimboccarci le maniche il giovedì. E sì, procurarsi materie prime di qualità richiede tempo e accurata ricerca, soprattutto col traffico di una Palermo in fermento prenatalizio. Il grano per la cuccia è rigorosamente Grano di Tumminia, cioccolata ricotta e zuccata solo biologiche, così come la carne per il brodo, proveniente dal mercatino biologico a chilometro zero. Il brodo serve per la preparazione del risotto allo zafferano, base delle arancine. La tradizione osservata fedelmente in casa nostra prevede la preparazione delle arancine ai due classici gusti: burro (che a casa mia si realizza con; prosciutto, salame Napoli, mozzarrella e fontina valdostana) e carne (fontina valdostana e ragù, tritato per metà di maiale e per metà di manzo).

Dal venerdì mattina alla domenica sera siamo rimaste in cucina, con l’aiuto della zia e di mio marito, curioso e attento, intento anche lui a preservare questa magica tradizione. Risultato centoquindici arancine!

Oltre alle preparazioni gastronomiche, cura e attenzione sono state rivolte alla tavola e al salotto di casa, in cui abbiamo organizzato lo spazio buffet per i nostri ospiti. Come ogni anno, chiacchiere risate e buon cibo ci hanno intrattenuti fino a tardi, rendendo speciale una semplice domenica casalinga.

Soddisfatta delle mie arancine mi riprometto, per il prossimo anno, non prima, di sperimentarne di nuove, introducendo magari gusti diversi, più “moderni”, come li definirebbe la mia fiera nonnina.

 

 

 

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